Nel senso metaforico di mundus il progetto vuole, concordemente alla
necessità di rivitalizzare il ‘cuore del centro storico’, dare atto ad
una nuova fondazione virtuale in cui il nuovo focus, nell’immagine della
nuova torre elevatore comunicazionale, non sia solo la testimonianza
della terra patrum ritrovata, ma di una contemporanea coscienza dei
nuovi limites della città che si sono allargati con l’evoluzione
globalizzante del pianeta attraverso i media comunicazionali...
Questo viaggio al centro della città contiene anche l’esplorazione dei
suoi confini, sia quelli individuali dell’IO egotico che quelli
collettivi dei condizionamenti sociali, nel senso di mundus come ‘la
porta dell’orco sinistro e orrendo’ (Paolo Diacono in Festo), la morte.
Una sorta di abluzione rigenerante in un’acqua ritrovata che non vuole
essere una assoluzione totale dalle colpe, semmai una sentinella a
guardia della nostra veglia;’la verità più essenziale è che l’uomo è
profondamente addormentato; non in senso fisico, bensi metafisico; non
in apparenza, ma in profondità’ (Osho Rajneesh)
Il luogo ipogeo risultante dal progetto vuole essere a funzionale o
quanto meno aperto alle interpretazioni spazio temporali: la sua acerba
planimetria allungata che spinge all’emersione attraverso l’ardua
scaletta finale, delimita questo piccolo viaggio sotterraneo che insieme
all’antica figura del mundus etrusco romano è anche metafora della
ricerca costante che l’uomo è tenuto a perpetrare nei confronti del
senso generale delle cose e del significato individuale
dell’esistere......
Scavata una fossa fino al terreno compatta,
Si gettano sul fondo frutti
E terra presa dai campi vicini
Riempita la fossa, s’innalza sul luogo un’ara
E sul nuovo focolare si accende un fuoco.
(Ovidio, Fasti)
Così, la torre elevatore posta nel lato est della piattaforma pedonabile,
che copre questa fossa è la rivelazione del luogo ipogeo fisico e
mentale, prima di essere porta d’ingresso al viaggio, pass per accedere
al sotterraneo; ‘la forma visibile è esibizione dell’anima. L’essere di
una cosa è rivelato nell’ostensione del suo bild, della sua immagine
(James Hillman).
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